L’inchiesta sul contenuto della trasmissione Report d’ieri, con la perquisizione eseguita dalla Dia nei confronti di “un giornalista che non è indagato”, punta a “verificare la genuinità delle fonti”. Lo afferma il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, sottolineando che la “perquisizione non riguarda in alcun modo l’attività d’informazione svolta dal giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente a una macroscopica fuga di notizie, riguardante gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario”.
“Infatti, secondo quanto accertato da questo Ufficio – ricostruisce il procuratore – in una occasione, il giornalista avrebbe incontrato il luogotenente in congedo Giustini non per richiedergli informazioni, ma per fargli consultare la documentazione in suo possesso in modo che lo stesso Giustini fosse preparato per le imminenti sommarie informazioni da rendere a questa Procura. È necessario verificare la natura di tale documentazione posta in lettura al Giustini – aggiunge il procuratore di Caltanissetta – che presumibilmente costituisce corpo del reato di rivelazione di segreto d’ufficio relativo all’attività di altra autorità requirente. Tale accertamento è tanto più rilevante in considerazione dell’importanza che Giustini attribuisce a tale documentazione, nonché a seguito delle contraddittorie versioni fornite da quest’ultimo in materia di comunicazione nel 1992 delle informazioni da parte dell’Arma all’Autorità Giudiziaria di Palermo”.
Nel corso della trasmissione andata in onda ieri, 23 maggio, sono state inserite le interviste al Luogotenente dei Carabinieri in congedo Walter Giustini e alla signora Maria Romeo, dalle quali è emerso che, nel corso delle indagini condotte nel 1992 dai Carabinieri del Gruppo 1 — Palermo, coordinate dalla Procura di Palermo, sono state
fornite da parte di Alberto Lo Cicero, prima quale confidente e poi quale collaboratore di giustizia, preziose informazioni circa la preparazione della strage di Capaci, quindi prima del tragico evento, e circa la funzione svolta da Salvatore Biondino quale autista di Totò Riina, molti mesi prima che lo stesso venisse catturato in compagnia dello stesso Biondino.
Queste dichiarazioni, spiega la procura, “sono totalmente smentite dagli atti acquisiti da questa Procura sia presso gli archivi dei Carabinieri, sia nell’ambito del relativo procedimento penale della Procura di Palermo. Il riscontro negativo emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali fatte nei confronti del Lo Cicero, prima della sua collaborazione, nonché da tutti i verbali di sommarie informazioni e d’interrogatorio dallo stesso resi prima dei su indicati eventi”.
In particolare nel corso delle sommarie informazioni in data 25 agosto 1992, Lo Cicero avrebbe dichiarato di aver riscontrato delle anomalie nel comportamento di alcuni uomini d’onore poco prima della strage di Capaci, pensando però che volessero organizzare qualcosa per ucciderlo. Lo Cicero era già stato vittima di un tentato omicidio nel dicembre del 1992, concludendo “mai avrei pensato quello che poi è avvenuto” (e cioè la suindicata strage).
Sulla rilevanza di Salvatore Biondino, Lo Cicero ha affermato, sia nel corso delle discussioni intercettate, che nell’ambito degli interrogatori antecedenti alla cattura di Riina, che Biondino era l’autista del latitante Gambino Giacomo Giuseppe, arrestato già diversi anni prima delle dichiarazioni in esame, non facendo in alcun modo menzione a Riina, se non il 22 gennaio 1993, cioè in data successiva alla cattura del latitante. Lo Cicero, sostiene la procura, sia nel corso delle conversazioni intercettate, che nel corso degli interrogatori da lui resi, al Pubblico Ministero e ai Carabinieri, non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie. “Sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese dal Lo Cicero sugli argomenti sopra indicati e, quindi, che sarebbe stato possibile evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina.