Regione finanzia progetto con 500mila euro

Siccità in agricoltura, l’acqua del Sosio-Ribera servirà tre comuni agrigentini

Finanziato dalla Regione con 500mila euro, tramite la Protezione civile, il progetto di sistemazione idraulica del Fiume Sosio-Verdura a monte della traversa Favara di Burgio in località Poggio Diana. Il progetto, redatto dall’Autorità regionale di bacino porterà acqua a tre Comuni dell’Agrigentino – Burgio, Caltabellotta e Ribera – per soddisfare i bisogni irrigui dei campi agricoli che ricadono nei 3 centri e risparmierà quella idropotabile.

L’intervento consisterà essenzialmente nella sistemazione e rinaturalizzazione dei meandri fluviali posti a monte della traversa Favara, per attingere direttamente dalle acque del fiume Sosio-Verdura, da cui saranno praticamente eliminate le sabbie che si sono depositate via via nel corso del tempo.

Progetto serve ad aumentare capienza del fiume

Il progetto serve ad aumentare la capienza del fiume in corrispondenza di una traversa dell’Enel. Al termine dei lavori, previsti al massimo in due mesi, è previsto un maggiore accumulo di 30 milioni di litri di acqua. Inoltre, verrà comprata una nuova stazione di pompaggio per il Consorzio di bonifica.

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Schifani, “Stiamo affrontando emergenza senza pari”

“Stiamo affrontando – spiega il presidente della Regione, Renato Schifani – un’emergenza senza pari e stiamo mettendo in campo tutte le soluzioni possibili per dare risposte concrete anche al settore agricolo, utilizzando tutte le risorse a disposizione. Questo finanziamento ha un duplice scopo, da un lato ci consentirà di soddisfare i bisogni irrigui delle campagne di tre grossi centri, dall’altro, di poter risparmiare acqua, dirottandola per uso idropotabile in una delle aree dove c’è maggiore criticità”.

L’Autorità di bacino, nella qualità di stazione appaltante, dovrà procedere velocemente nelle varie fasi per la più celere realizzazione dell’intervento.

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Si corre ai ripari, il piano della protezione civile

Cinquantatré interventi in piedi, la carta dei dissalatori come jolly e i pozzi che i Comuni devono trovare quanto prima. E’ il piano della protezione civile regionale. Si cercando soluzioni rapide con cantieri già aperti per reperire 1300 litri al secondo e tempi invece più lunghi, mesi e anche un anno per fare diventare “dolce” l’acqua dei nostri mari. Sul tavolo sono stati messi 20 milioni e si stanno già spendendo.

Ci sono aree dove la crisi si sta facendo sentire di più. L’agrigentino, il nisseno e l’ennese, mentre nel trapanese si vedono già i primi effetti degli interventi e i disagi stanno diminuendo. E le riduzioni a Palermo? “Diminuirà la pressione di acqua erogata e potrebbero esserci disagi per chi abita nei piani alti – spiega l’ingegnere –. Poi deciderà Amap se avviare in via sperimentale anche riduzioni orarie in 5, 6 quartieri della periferia. Ma la maggior parte della città non verrà toccata dalle riduzioni”.

Intanto, però, potrebbe arrivare altra risorsa idrica. “Sul capoluogo c’è un’attenzione maggiore, ma le misure del piano sono a scopo sopratutto precauzionale – aggiunge – . E a differenza delle altre città siciliane, Palermo dipende totalmente dagli invasi. E la previsione della carenza di pioggia la dobbiamo fare almeno fino a gennaio, Magari pioverà a ottobre e l’emergenza sarà finita a novembre. Ma come Protezione civile dobbiamo attenerci agli scenari peggiori per garantire la continuità del servizio idrico”.

La turnazione è invece arrivata già pesantemente nella provincia agrigentina, dove l’acqua sgorga dai rubinetti anche ogni 7 giorni. In alcuni comuni si può restare a secco per 10 giorni di fila. La città è però avvezza alla mancanza d’acqua e già da decenni si è attrezzata con capienti serbatoi che limitano il disagio. Agrigento, è la beffa, l’anno prossimo sarà capitale della cultura ed il sindaco ha già lanciato sos al governo. “L’acqua arriverà con gli interventi straordinari. A noi interessa che la situazione non peggiori – continua Cocina -. Non può essere la Protezione civile a recuperare trent’anni di perdite”.

Ai dissalatori, Porte Empedocle ne ha uno dismesso, si poteva però pensare prima. Ora la Regione ha previsto 90 milioni per costruirne e riparare gli impianti esistenti. Proprio ieri mattina si è svolta una conferenza di servizi con il dipartimento dell’Ambiente per valutare l’impatto su questi siti. “Le somme sono già disponibili – aggiunge Cocina – Il vero problema sono i tempi perché sono procedure complesse, da un anno a 18 mesi”.

Sta male l’agricoltura, che oggi sopravvive grazie alle autobotti. La Regione ha finanziato la riparazione di alcuni mezzi, con circa 140 interventi in aiuto dei Comuni. Dove ora sono i sindaci ad avere la parte da protagonisti. “Conoscono i bisogni dei singoli territori – conclude Cocina – e possono portare avanti le istanze di allevatori e agricoltori, cercare tutti i pozzi sfruttabili e spingere rapidamente sulle soluzioni”.

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