- Vittorio Sgarbi in difesa dell’avvocato Giuseppe Arnone
- Chiesta la commutazione della pena da carceraria a pecuniaria
- Il deputato ricorda le battaglie civili dell’ex presidente regionale di Lega Ambiente
Vittorio Sgarbi, deputato alla Camera, ha chiesto con un atto ispettivo al ministro della Giustizia Marta Cartabia di valutare se concedere con urgenza all’avvocato siciliano Giuseppe Arnone, attualmente detenuto, la commutazione della pena e quindi l’immediata scarcerazione.
Arnone è detenuto in carcere di Agrigento
Arnone dallo scorso 10 maggio è recluso presso il carcere Petrusa di Agrigento per, si legge nella nota diffusa da Sgarbi, “espiare solo ed esclusivamente l’unica sentenza definitiva di condanna relativa al reato di diffamazione a mezzo stampa, posto in essere nella qualità di consigliere comunale e leader di Legambiente in una battaglia a difesa delle coste e del mare”.
La difesa di Sgarbi
Ricorda Sgarbi: “Nel 2020 a seguito di una sentenza della Corte Europea, la Corte Costituzionale, ha emesso l’ordinanza n. 132/2020 con la quale concedeva al Parlamento un anno di tempo per modificare il reato di diffamazione a mezzo stampa eliminando la pena della reclusione e sostituendola con la pena pecuniaria tranne nei casi di istigazione all’odio alla violenza o al razzismo; tale ordinanza disponeva che le Corti ed i Tribunali dovessero adeguarsi a tali principi e non disporre condanne alla reclusione per la diffamazione a mezzo stampa”.
Sgarbi ricorda le battaglie civili dell’avvocato
Arnone ha già richiesto la commutazione della pena della reclusione in pena pecuniaria. Sgarbi ricorda le numerose battaglie civili condotte da Arnone in Sicilia, anche contro la mafia: “Lo scorso 13 febbraio in un processo di mafia, avanti la Corte d’Appello di Palermo, il collaboratore di giustizia Franco Cacciatore ha definito Arnone come soggetto “incorruttibile e inavvicinabile” del quale Cosa Nostra aveva già deciso l’omicidio”.
Chi è Giuseppe Arnone
Arnone ex consigliere comunale e presidente regionale di Legambiente negli anni Novanta, sta finendo di scontare un cumulo di condanne per diffamazione e calunnia. Attualmente sospeso anche dall’esercizio della professione e recentemente condannato in via definitiva per complessivi dieci mesi di carcere in due distinti processi.
La circostanza è stata comunicata dal tribunale di Sorveglianza e ha comportato la cancellazione, provvedimento amministrativo che prevede la rimozione dall’albo di chi non ha più i requisiti per esercitare.
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