Dopo un intervento di cataratta eseguito nel 2011 ha perso la quasi totalità della vista dell’occhio destro e, nonostante abbia una pensione di mille euro con la quale deve provvedere alla sua famiglia e sia costretto a visite periodiche da specialisti, a trattamenti di salute e farmacologici, deve ora anche pagare le spese per una causa civile, persa in primo grado, contro le strutture e i medici, pari a 30mila euro. E’ per questo che B.A., 68 anni, è ricorso in appello chiedendo anche che sia sospeso il pagamento della somma “trovandosi nella impossibilità di onorare allo stato attuale le pretese che le controparti nel giudizio stanno facendo valere”.
Davanti al giudice d’appello di Palermo, l’uomo, domani , chiederà che sia riformata la sentenza di primo grado che scagionava ospedale e i medici sulla scorta di una motivazione a suo parere ingiusta. Come riassunto dal legale del pensionato, Boris Vitiello, la sentenza appellata è la conclusione di un processo durato anni con l’avvicendarsi di due periti d’ufficio (uno dei quali non è riuscito a trovare in tutto il distretto di Palermo uno specialista oculista che lo affiancasse), con la mancata deposizione di testi pur chiamati in causa (su istanza dell’uomo ndr.), “con il particolare, indubbio, acredine professionale venutosi a creare tra i periti nel corso della consulenza espletata”.
L’operazione di “facoemulsificazione ed aspirazione della cataratta” fu eseguita in regime di day hospital il 20 aprile 2011 in una struttura di Agrigento. Pochi giorni dopo, B. A. dovette sottoporsi ad un nuovo intervento allo stesso occhio per un aggravamento delle sue condizioni a causa di distacco di retina, in un ospedale di Catania. Una intricata vicenda, insomma, anche sotto il profilo processuale, ai cui esiti il pensionato non si arrende “credendo ancora nella giustizia” e volendo sapere perché si trovi in questa condizione dopo un intervento sanitario di routine. Così il 4 ottobre la parola tornerà a un nuovo giudice.
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