“Gli stati europei dimostrano il loro coraggio voltandosi dall’altra parte”. Lo denuncia su twitter la ong catalana Open Arms che torna a chiedere un “porto sicuro subito” per la nave bloccata in mare ad una trentina di miglia da Lampedusa da ormai una settimana con a bordo 121 migranti, tra cui 32 minori.
“Settimo giorno senza un porto – afferma la Ong – A bordo, uomini, donne e bambini fragili, traumatizzati da violenze e abusi. È rimasto ancora qualcuno a difendere i diritti e la vita?”.
Nei giorni scorsi Malta ha negato più volte l’approdo alla nave mentre l’Italia, dopo il divieto di ingresso nelle acque territoriali firmato da Salvini, Toninelli e Trenta, non ha mai risposto alle richieste della Ong. Quanto alla Spagna, paese di bandiera della nave, il governo “se ne lava le mani” scrive ‘El Mundo’: Madrid, infatti, non ha al momento fatto alcun passo formale con l’Ue affinché solleciti gli Stati per una ridistribuzione dei migranti.
“Con il passare dei giorni stanno aumentando le situazioni di nervosismo, non possiamo continuare così a lungo”. Il capo missione a bordo di Open Arms Anabel Montes Mier torna a ribadire la necessità che sia assegnato urgentemente un porto alla nave per sbarcare i migranti.
“Siamo in mare da 7 giorni – dice Montes Mier che già ieri aveva segnalato come a bordo stessero per terminare le scorte di cibo e acqua – più passa il tempo e più diventa difficile spiegare ai migranti perché devono rimanere a bordo, perché non possono sbarcare in un porto dove non corrono più alcun pericolo”.
“Rinnoviamo nuovamente la richiesta di avere con urgenza un porto sicuro dove sbarcare queste persone – conclude la capo missione – secondo quanto previsto dalle convenzioni e dagli accordi internazionali”.
La Open Arms è una nave che batte bandiera spagnola e, di conseguenza, “i migranti che sono a bordo sono sotto la diretta responsabilità di Madrid”. E’ quanto sottolineano fonti del Viminale ribadendo che la linea del governo non cambia e, dunque, non verrà concesso l’ingresso nelle acque italiane alla nave anche a fronte del ricorso presentato dalla Ong alla procura dei minori. Una mossa, quella di rivolgersi alla magistratura italiana, che – dicono dal ministero – “non si comprende, a meno che non si voglia mettere in pratica l’ennesima provocazione per portare i migranti nel nostro paese, magari dopo aver precostituito le ‘condizioni di necessità'” tenendo i naufraghi in mare aperto per giorni e giorni”. La stessa strategia, dicono ancora le fonti, seguita dalla comandante di Sea Watch Carola Rackete “prima di speronare una motovedetta della Guardia di Finanza”.