La Direzione investigativa antimafia sta eseguendo, su disposizione del tribunale delle misure di prevenzione di Palermo, un sequestro di beni per un valore di circa 20 milioni di euro nei confronti dell’imprenditore Marco Campione, attivo in diversi settori economici e che è stato leader nella governance della società di gestione della rete idrica della provincia Agrigentina.
L’arresto nel 2021
L’imprenditore nel giugno 2021 era stato arrestato in esecuzione di un “decreto di fermo di indiziato di delitto” emesso Procura agrigentina per l’ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata alla perpetrazione di delitti contro la pubblica amministrazione, frode in pubbliche forniture, furto, ricettazione, reati tributari, societari, in materia ambientale e truffa ai danni di privati.
L’ascesa “illecita” ricostruita dagli inquirenti
“L’attività di indagine economico-finanziaria – dice la Dia – attraverso l’analisi di scritture contabili, libri sociali, movimentazione di rapporti finanziari, e copioso altro materiale documentale, ha contribuito a ricostruire l’excursus che negli anni ha caratterizzato l’ascesa dell’imprenditore e la creazione di una vera e propria impresa illecita, consentendo di delineare un sufficiente quadro indiziario a sostegno di una prognosi di pericolosità sociale”.
I beni finiti sotto sequestro
Il sequestro ha interessato due società, compreso capitale sociale, intero compendio aziendale e relative partecipazioni in altre 6 società, tra cui quella che in precedenza gestiva il Servizio Idrico Integrato nella provincia di Agrigento; 9 beni immobili; 26 beni mobili registrati e 38 rapporti finanziari.
Da tempo nell’occhio del ciclone
Campione da tempo era sotto i fari degli inquirenti. Anni addietro venne indagato nell’inchiesta per truffa e corruzione sulla gestione della società “Girgenti acque” di cui era presidente e amministratore delegato. Addirittura per lui si parlò di una candidatura alle elezioni politiche del 2018 nelle liste di Forza Italia ma poi non se ne fece più nulla. Fu lui stesso a rinunciare in una lettera di ringraziamento e Silvio Berlusconi e Gianfranco Miccichè: “Non potendo assicurare l’impegno che la carica imporrebbe, il mio senso di responsabilità e di rispetto mi obbliga a rinunciare”.
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