La Corte d’Appello di Palermo ha confermato l’assoluzione di Domenico Fontana, ex direttore della riserva di Macalube, e Daniele Gucciardo, operatore della stessa, dall’accusa di omicidio colposo per la morte dei fratelli Carmelo e Laura Mulone, avvenuta nel 2014. Le motivazioni della sentenza chiariscono che la chiusura definitiva della riserva, l’unica azione che avrebbe potuto impedire con certezza la tragedia, non rientrava nelle competenze degli imputati. Secondo la Corte, un approccio prudenziale avrebbe dovuto portare alla chiusura dell’area al pubblico, ma tale decisione avrebbe alterato irreversibilmente la finalità istitutiva della riserva e non poteva essere presa dai gestori.

Il potere decisionale sulla chiusura della riserva

I giudici hanno sottolineato che né la legge, né l’organizzazione in materia di protezione civile, né il contratto di assunzione davano a Fontana e Gucciardo il potere di chiudere definitivamente la riserva. Una decisione di tale portata avrebbe richiesto un intervento “a monte”, prima dell’affidamento della gestione a Legambiente, oppure provvedimenti pubblicistici al di fuori della loro sfera di competenza, previa un’accurata valutazione dei rischi presenti nel territorio. La riserva, essendo finalizzata alla fruizione pubblica, non poteva essere chiusa senza un’adeguata procedura e da parte delle autorità competenti.

La tragedia del 2014

Il 27 settembre 2014, i fratelli Carmelo e Laura Mulone, di 9 e 7 anni, persero la vita travolti da un’ondata di fango mentre passeggiavano con il padre nella riserva naturale delle Macalube di Aragona, in provincia di Agrigento. Questo tragico evento ha portato all’apertura di un’indagine e a un processo che ha visto coinvolti i responsabili della gestione della riserva. La sentenza di primo grado aveva condannato Fontana e Gucciardo, ma la Corte d’Appello ha ribaltato il verdetto, assolvendoli dalle accuse.

Nessuna responsabilità per Legambiente

La Corte d’Appello ha inoltre confermato l’assoluzione di Francesco Gendusa, funzionario della Regione, e stabilito che non vi sia alcuna responsabilità civile da parte di Legambiente, l’associazione ambientalista che gestiva la riserva. La sentenza chiarisce che la responsabilità della chiusura della riserva, in presenza di pericoli accertati, non poteva ricadere sui gestori, ma doveva essere presa dalle autorità competenti a un livello superiore. Questo tragico evento solleva importanti questioni sulla gestione della sicurezza nelle aree naturali protette e sulla necessità di chiare procedure per la valutazione e la mitigazione dei rischi.

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