La villa dell’ex sindaco di Agrigento non sarà demolita dopo i ricorsi di una associazione ambientalista. Per effetto di alcune denunce presentate da Legambiente, la Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento ed il Comune di Agrigento avevano revocato, in autotutela, il nulla osta e la concessione edilizia rilasciati a Clelia Aiazzi, suocera dell’ex sindaco di Agrigento, Calogero Sodano, per un intervento di consolidamento e riuso di un fabbricato ricadente in zona “A” del Parco archeologico, secondo il decreto Gui-Mancini, e ciò sulla base di una asserita falsa rappresentazione della consistenza volumetrica del fabbricato.
Il ricorso di Legambiente
Contro i provvedimenti aveva proposto un ricorso giurisdizionale, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Guido Corso, la figlia della signora Aiazzi, Antonella Gulotta, divenuta proprietaria del lotto avendolo ricevuto in donazione dalla madre. Nel giudizio era intervenuta anche Legambiente Onlus. I legali avevano sostenuto, in particolare, la piena conformità delle opere realizzate con la tipologia degli interventi di ristrutturazione edilizia consentiti dal quadro normativo che disciplina l’edificazione delle aree comprese dentro il perimetro del Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, sottolineandone l’assenza di abusi.
La decisione del Cga
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione siciliana, previa verificazione disposta al fine di accertare l’esatta consistenza, in termini di sagoma e di volume, dell’originario fabbricato oggetto delle opere assentite da parte della Soprintendenza di Agrigento, espletata nel contraddittorio tra le parti dal Direttore del Dipartimento di ingegneria civile dell’Università degli Studi di Catania, Paolo La Greca, aveva accolto il ricorso in appello presentato dalla Gulotta.
I Giudici Amministrativi, condividendo le conclusioni del consulente rassegnate in termini ampiamente favorevoli alla ricorrente in ragione del fatto che la sagoma del nuovo fabbricato ricalcasse quella del fabbricato preesistente e che il volume del fabbricato originario non si discostasse da quello assentito dalla Soprintendenza, avevano annullato pertanto tutti i provvedimenti impugnati, condannando la Soprintendenza, il Comune di Agrigento e Legambiente al pagamento in solido delle spese giudiziali, liquidate in euro seimila, oltre accessori, oltre al pagamento delle spese di verificazione.
La battaglia di Legambiente
Legambiente persistendo nella battaglia legale, agiva in giudizio per la revocazione della sentenza resa dal CGA nel marzo 2017, lamentando sia un asserito contrasto tra la medesima sentenza del C.G.A. e il pregresso giudicato penale formatosi tra le stesse parti con riguardo all’abusività dell’opera e alla sua demolizione con ripristino dei luoghi, sia un presunto errore di fatto nel quale sarebbero incorsi i giudici amministrativi nel valutare il materiale probatorio acquisito al giudizio. Si costituiva in giudizio la Gulotta, sempre difesa dagli avvocati Guido Corso e Girolamo Rubino, per resistere al ricorso per revocazione proposto dalla Legambiente Onlus.
Il CGA, ritenendo fondate le eccezioni formulate ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Legambiente, ritenendo insussistente il contrasto con il precedente giudicato penale, non essendo ipotizzabile il contrasto di una sentenza amministrativa con una sentenza penale meramente processuale, quale è quella di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati contravvenzionali ascritti agli imputati resa dalla Corte d’Appello di Palermo.
Lo stesso Collegio ha precisato l’assenza, in ogni caso, di ogni errore di fatto revocatorio, considerato che gli accertamenti del giudice penale e del medesimo C.G.A. hanno riguardato due diverse questioni, in fatto ed in diritto: nell’un caso, la falsa rappresentazione della realtà al momento del deposito della documentazione a corredo della pratica volta ad ottenere la concessione edilizia, e, nell’altro caso, l’accertamento sulla effettiva consistenza dell’immobile anteriormente alla imposizione dei vincoli dettati dal D.M. 16 maggio.
Nella medesima pronuncia, infine, il CGA, ha ribadito il principio, consolidato in giurisprudenza, secondo il quale l’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna penale, avendo natura di sanzione amministrativa applicata dall’autorità giudiziaria, non è suscettibile di passare in giudicato. Pertanto, rilevata la non sussistenza dei presupposti per la revocazione, il CGA ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Legambiente Onlus, così concludendo definitivamente l’annosa vicenda della Villa sita in Contrada Maddalusa che, in quanto legittimamente assentita, non verrà pertanto demolita.
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