Giovanni Lauria è il re indiscusso della mafia di Licata. L’80enne è stato fermato questa mattina dagli uomini del Ros di Agrigento che ha portato all’arresto di 7 persone legate alla famiglia mafiosa di Licata, tra i fermati c’è anche un funzionario della Regione siciliana che, secondo gli investigatori, avrebbe fatto da legante per gli affari dei boss agrigentini.
L’indagine ha confermato la potenza dei mafiosi della famiglia di Licata ancora legata ai vecchi retaggi di Cosa nostra. La figura centrale a Licata è sempre Giovanni Lauria. Il vecchio boss, con un passato criminale di tutto rispetto, è considerato il capo della famiglia. Un uomo d’onore all’antica che sa mantenere i rapporti non solo con i boss e i gregari locali ma anche con le famiglie catanesi, ennesi e del Trapanese.
Nelle intercettazioni eseguite dal Ros viene sottolineata la caratura criminale del “Professore”il quale, in qualità di portavoce di Giuseppe Falsone, è stato protagonista di dinamiche associative di assoluto rilievo che hanno visto coinvolti i massimi vertici di Cosa Nostra siciliana. “Lui è messo dopo Riina e Provenzano, poi c’è messo lui a livello di … è stato il postino di Provenzano, sia il postino del cognato di Provenzano e poi coordinatore di tutte le province”.
Nei dialoghi intercettati dai carabinieri vengono sottolineate le caratteristiche criminali dell’80enne. In qualità di mafioso “vecchio stampo”, il ‘professore’ rispetta le regole della cosiddetta “vecchia mafia” , quali il disprezzo per il traffico di droga e il divieto di uccidere donne e bambini, ma, nel contempo, è inflessibile nel punire chi si è reso responsabile di una mancanza. “I pentiti che sono stati interrogati con lui o chi lo conosceva personalmente o chi solo per sentito dire, uno di vecchio stampo con giacca e cravatta, lui è un vecchio uomo d’onore. È uno di quelli che i bambini non li vuole toccati, uno di quelli che a droga gli fa schifo però se uno sbaglia, sbaglia. Però il fatto stesso che lui ha contatti con tutti ”.
Nel corso delle intercettazioni ambientali vengono messi in evidenza anche i rapporti con la mafia calabrese. Un esponente della criminalità organizzata calabrese lamenta di non aver ricevuto il pagamento per una fornitura di droga e chiede l’aiuto a Casa Giacomo (esponente della stessa Famiglia di Licata), sottolineando come i calabresi, nutrendo rispetto per l’autorità criminale del Lauria, non intendano procedere autonomamente al regolamento di conti con il soggetto siciliano insolvente. “Prendi che questo qui è asciusciato, gli spariamo”.
Gli indagati sapevano bene qual era il rischio di parlare al telefono. I due esponenti Giovanni Mugnos e Lutri Lucio sottolineano in un’altra conversazione intercettata, la necessità di non utilizzare i telefoni in quanto intercettabili (quindi pericolosi come “bombe”): “Prima che uno usa i contatti che usa il Professore… il telefono sempre lo spengo io.. bombe sono”.
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