Continua l’emergenza migranti nelle Pelagie.
“O lo Stato ci aiuta, con misure concrete e strutturali e stabili, a governare questo dramma umano o lo Stato ci deve esentare da tutte quelle che sono le incombenze che derivano dalla gestione dei flussi migratori e deve tenere Lampedusa indenne da quelli che sono i danni”. Lo ha detto il sindaco delle Pelagie, Filippo Mannino, giungendo ad Agrigento dove, in Prefettura, alle 15, si terrà il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica alla presenza del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
“Da quando mi sono insediato – ha aggiunto – sono il sindaco non di seimila abitanti, ma di circa 20mila, considerando i transiti che abbiamo avuto su Lampedusa. Voglio fare il sindaco in maniera tranquilla, per la mia gente, per i diritti e le esigenze dei miei concittadini che sono trascurati da circa 30 anni, da quando appunto c’è l’emergenza immigrazione”.
Mannino ha anche fatto un appello: “Il Governo ci deve consentire di poter assumere personale: ho 15 dipendenti in tutto e metà di questi impiegati sono quotidianamente impegnati a risolvere questioni e problemi dell’hotspot, ad iniziare dall’ufficiale di Stato civile che è perennemente impegnato a fare pratiche per le vittime. Ma anche l’ufficio tecnico è sistematicamente impegnato con problemi per spazzatura, reflui fognari dell’hotspot e barchini sparsi ormai su tutte le nostre coste che sono deturpate”.
“Oltre a poter assumere personale ci servono risorse economiche – ha aggiunto il sindaco Mannino – che devono essere anticipate. Non posso vincolare tutte le risorse del nostro bilancio, togliendo servizi ai miei concittadini, ad esempio vincolando somme dei servizi sociali, delle politiche giovanili, delle manutenzione stradale per poter affrontare le spese che derivano dall’hotspot o da molo Favarolo”. Il Comune di Lampedusa e Linosa è sull’orlo del dissesto finanziario, anche a causa della passata gestione amministrativa. “Per scongiurare il dissesto servirebbe almeno un milione e mezzo di euro per andare a coprire il disavanzo che si è accumulato in questi anni – ha spiegato Mannino – e poter operare in serenità. Era una di quelle misure che ci era stata promessa nel ‘pacchetto Lampedusa’ e che spero possa trovare spazio all’interno del decreto ‘Mille proroghe'”.
Sono 884 i migranti presenti all’hotspot di Lampedusa, a fronte di 398 posti disponibili. Ieri sera, con il traghetto di linea “Cossyra” che è giunto all’alba a Porto Empedocle, sono stati trasferiti 202 ospiti. Da oggi le condizioni del mare vengono date come proibitive e dunque le traversate dovrebbero interrompersi.
Ieri, con 6 diversi barchini sono complessivamente giunte 243 persone.
Tutti i barchini arrivati ieri sono partiti da Sfax, in Tunisia. A soccorrerli le motovedette della guardia di finanza e della capitaneria. Sul primo gommone c’erano 37 migranti (fra cui 5 donne e 2 minori) in fuga da Ciad, Congo, Costa d’Avorio, Guinea e Mali. Sul secondo erano in 33 (8 donne e 3 minori) e sul terzo in 39 (15 donne e 6 minori). I migranti sono stati portati all’hotspot di contrada Imbriacola dove la capienza massima sarebbe, come detto, di 398 posti disponibili.
Il mare di Lampedusa sempre ieri ha restituito un altro cadavere. Si tratta di una donna, il cui corpo è stato ripescato a 8 miglia dalla costa da un peschereccio. La salma si presenta saponificata e senza mani e piedi. Questo fa pensare che era in mare da diverso tempo. Il cadavere è stato portato alla camera mortuaria dove ci sono i tre corpi recuperati dopo il naufragio ad oltre 30 miglia dell’altro ieri.
I tre migranti che hanno perso la vita nel naufragio avvenuto a 38 miglia al largo di Lampedusa sono stati identificati. Oltre alla bambina di 18 mesi – Sara, ivoriana – sono morti una donna di 38 anni, Melen, originaria del Camerun, e un coetaneo di nome Jonny, anch’egli della Costa d’Avorio. I superstiti, fra cui 10 donne, saranno interrogati dagli inquirenti per provare a ricostruire cosa sia accaduto durante la traversata, perché il barchino si sia ribaltato e soprattutto chi fossero gli scafisti della traversata iniziata da Sfax, in Tunisia. La procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta ipotizzando i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte quale conseguenza di altro reato.
(foto di repertorio)