- Lo scandalo sui dati Covid19 falsati che ha travolto la sanità siciliana
- Alcuni sindaci avevano capito che la situazione era fuori controllo
- Le telefonate tra i vertici dell’assessorato alla Sanità nelle quali si parlava di terapie intensive e morti
Scandalo Sanità in Sicilia tra morti in terapia intensiva “scotolati” e decessi mai comunicati.
Era questo uno dei termini utilizzato fra le persone intercettate nel parlare delle persone decedute nei reparti di terapia intensiva. Ma non solo.
Il sindaco di Raffadali aveva lanciato l’allarme
Su tutta questa situazione, che appariva ormai come un cavallo senza briglie, nel suo piccolo, il sindaco di Raffadali Silvio Cuffaro – già nel mese di novembre 2020 – tuonava contro l’Asp di Agrigento. E sui social parlava di “dati epidemiologici approssimati e situazione fuori controllo”.
Era stato mesi e mesi a ripetere che la situazione era ormai era ingestibile, il labile filo di comunicazioni con l’Asp era stato definitivamente interrotto e aveva capito che l’unico modo per uscire dalla situazione con meno danni possibili per la sua collettività, era darsi una mano.
Lo scandalo sui dati falsati relativi all’andamento epidemiologico in Sicilia che ha travolto l’assessorato regionale alla Salute, dunque, era stato percepito già da qualche sindaco. E nella provincia di Agrigento, Cuffaro parlava pubblicamente di “gestione approssimativa dei dati comunicati”.
“Mi comunicano solo 31 tamponi positivi di nostri concittadini – gridava disperato sui social – ma sono assolutamente consapevole che i numeri sono più elevati, considerato che nella lista dei 31 non scorgo neppure i nomi di chi, per certo, ha avuto un ricovero ospedaliero causa covid19, figuriamoci gli asintomatici. Come potrete capire siamo allo sbaraglio”.
Le telefonate e i dati di Agrigento ma non solo
Dopo lo scandalo che sta facendo tremare la sanità siciliana, dunque, qualche sindaco già in tempi non sospetti aveva avuto la percezione che le cose non erano come quelle che apparivano.
Il 30 novembre 2020 c’è una telefonata tra Letizia Di Liberto e Emilio Madonia, incaricato di pubblico servizio, in qualità di dipendente della Società “Pricewaterhousecoopers Public Sector srl”. Parlano dei dati di Agrigento.
Nella conversazione, la stessa dirigente gli suggerisce di anticipare una parte dei “probabili positivi” dei tamponi che dovevano essere ancora processati: 100 a Palermo, 50 ad Agrigento.
In particolare la Di Liberto chiama Madonia e gli chiede di inserire sia ad Agrigento che a Palermo i dati estratti dalla piattaforma dell’Istituto Superiore di Sanità. Madonia viene informato dalla Di Liberto, che quel giorno, erano stati trasmessi 1.000 tamponi all’Iss e quindi è impossibile che ci siano pochi positivi. Madonia, risponde che a Palermo in piattaforma ce ne sono molti meno caricati e quindi non vorrebbe che poi il dato risulti troppo elevato.
La stessa Di Liberto, risponde che 960 le sembrano troppo pochi per cui gli suggerisce di anticipare una parte dei “probabili positivi” dei tamponi che devono essere ancora processati: 100 a Palermo, 50 ad Agrigento e aggiungere altri 2.000 sul numero dei tamponi effettuati.
I posti in terapia intensiva
Ma non solo. La dirigente generale del Dipartimento Regionale per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico conversa anche con Fernando Croce, vicario capo di Gabinetto dell’Assessorato alla Sanità. Parlano dei posti in terapia intensiva. Croce chiede alla Di Liberto come vede la situazione, lei risponde: “In pratica il problema sono i positivi che sono aumentati in maniera incredibile. Perché ti devo dire, che l’andamento della terapia intensiva, non è stato così repentino, assolutamente. Abbiamo avuto 2, 3. Oggi meno 2, anzi oggi gli ho detto a Ruggero (cioè Razza, l’allora assessore alla Sanità, ndr) meno 2, perché abbiamo avuto 20 morti, no 1 o 2, da morire guarda. Ne abbiamo avuto 26, solo che però 6 erano riferiti a tutta la settimana. Allora non li abbiamo dati tutti e 26, ne abbiamo dati 19 e gli altri vengono”.
I morti
Croce risponde che “in un giorno non sono pochi”. E la funzionaria osserva: “Vedi che sono assai! Che c’è, il dato questo dei deceduti e quindi ti diminuisce la terapia intensiva, ma non perché la gente torna nei reparti”.
E Croce risponde ancora in maniera sarcastica: “La terapia intensiva diminuisce perché ce li scotoliamo”.
La Di Liberto: “Perché muoiono! Che oggi infatti io impazzii, appena ho visto i primi ho detto ma siamo pazzi. C’erano 7 morti a Biancavilla, ho chiamato immediatamente. Ci dissi scusa, ma com’è che avete avuto 7 morti? Ah… ma non sono tutti di oggi. Scusa, ma perché non li avete dati via via che muoiono. Che poi oggi mi hanno dato 7 morti tutti in una volta. Poi 6 morti al San Marco (ospedale di Catania, ndr); 5 morti a Ragusa”.
Croce controbatte: “Quindi e però questo fa pensare. No? Fa preoccupare”.
E la funzionaria: “Fa preoccupare, che significa che chi entra in terapia, in terapia intensiva. Loro infatti, fanno di tutto per non entrare in terapia intensiva. Di tutto. Perché quando entri in terapia intensiva, non è detto che ne esci. Nella maggior parte dei casi, muoiono”.
“Ruggero come ti è sembrato? Come lo hai sentito?” chiede Ferdinando Croce.
E la Di Liberto: “Ah..seccato. Mi disse: il fallimento della politica, non siamo stati in grado di tutelarci, i negozi che chiudono, se la possono prendere con noi, non siamo riusciti a fare i posti letto. Ci dissi ma non è vero, reggiamo perfettamente. Anche se in realtà, non ti dico, oggi è morta una, perché l’ambulanza è arrivata dopo 2 ore ed è arrivata da Lascari. Ed è morta, e qua c’è il magistrato che già sta, subito, ha sequestrato le carte …2 ore l’ambulanza. Perché? Perché sono tutte bloccate nei pronto soccorso. Tutte! Te lo immagini. Cioè che arrivò un’ambulanza da Lascari. Arrivò dopo 2 ore e quella è morta per un infarto che si poteva benissimo salvare, 52 anni”.
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