“Carola Rackete ha agito nell’adempimento del dovere di salvataggio previsto dal diritto nazionale e internazionale del mare”. Con queste motivazioni il gip del tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha archiviato l’inchiesta a carico della comandante di Sea Watch3 che, ad aprile, era stata già definitivamente prosciolta dall’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e violenza a nave da guerra. Accuse scaturite dal presunto speronamento della motovedetta della guardia di finanza il 29 giugno del 2019, giorno dell’arresto.
Il nuovo procedimento
Il nuovo procedimento, adesso archiviato su richiesta del procuratore aggiunto Salvatore Vella e del pm Cecilia Baravelli, riguardava un episodio di tre giorni prima quando la trentatreenne tedesca, difesa dagli avvocati Leonardo Marino e Alessandro Gamberini, decise di entrare senza autorizzazione con la nave, che stazionava davanti Lampedusa ma in acque internazionali, nelle acque territoriali italiane. All’accusa di rifiuto di obbedienza a nave da guerra si era aggiunta quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per avere fatto entrare sul territorio italiano 53 immigrati.
La tesi del gip
“Ha agito – scrive il gip – nell’adempimento del dovere perchè non si poteva considerare luogo sicuro il porto di Tripoli”. Il giudice cita un rapporto dell’Alto commissario per le Nazioni unite nel quale si sottolinea “che migliaia di richiedenti asilo, rifugiati e migranti in Libia versano in condizione di detenzione arbitraria e sono sottoposti a torture”. Quanto all’averli condotti in Italia, nonostante il divieto, il gip aggiunge: “La condotta risulta scriminata dalla causa di giustificazione”.
Caso controverso sin dall’inizio
Già sin dalle prime battute dell’arresto il caso era emerso come controverso. Nel luglio del 2019 il gip di Agrigento Alessandra Vella non aveva convalidato l’arresto della comandante della Sea Watch e non aveva di conseguenza disposto nei confronti della giovane tedesca nessuna misura cautelare. La Procura aveva chiesto la convalida del provvedimento e il divieto di soggiorno in provincia di Agrigento. Carola dunque era tornata libera.
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