Agrigento

Scommesse e incontri di box al carcere di Agrigento, la denuncia dei sindacati, “Situazione fuori controllo”

“Le carceri sono state trasformate in ring per incontri di pugilato che alimentano scommesse Nelle carceri si verificano veri e propri incontri di pugilato sui quali si realizzano scommesse di denaro”. A renderlo noto è il segretario generale del Sindacato di polizia penitenziaria (Spp) Aldo Di Giacomo. “Siamo alla realtà di match, come si riscontra negli istituti di Roma, Agrigento, con un incremento di casi e una rapida diffusione, alimentati da scommesse controllate da clan della criminalità organizzata. Gli incontri pugilistici, preceduti da vere e proprie lezioni di box ed allenamenti agonistici contrabbandati per attività sociale, sono la riprova che nel carcere l’illegalità non ha più limiti. Ci mancano solo i night club e la prostituzione”, rileva Di Giacomo.

Polizia penitenziaria impotente di fronte alla criminalità organizzata

“In questo grande ring che è diventato oggi il carcere, agli agenti penitenziari – prosegue il sindacalista – non può essere scaricato il compito scomodo, che lo Stato non vuole assumere, di fare da arbitri perché come è già accaduto in molti casi i poliziotti che cercano di dividere detenuti e clan in rissa finiscono in ospedale a causa di violenti pugni in faccia. Da una parte, si continua a sottovalutare che le carceri sono state trasformate in ‘piazze’ di spaccio e di affari, quindi occasioni di risse e violenze, dall’altra, che il mancato controllo dello Stato ha prodotto un punto di non ritorno”.

Situazione fuori controllo, servono misure urgenti

Questo – dice Di Giacomo – con una doppia ‘beffa’ per la giustizia e la sicurezza dei cittadini in quanto mesi se non anni di indagini di magistrati e forze dell’ordine conclusi con l’arresto di criminali sono completamente vanificati da comportamenti degli stessi che continuano a comandare dalla cella. Lo Stato fa da spettatore proprio come accade negli incontri di box o di lotta greco-romana per chi assiste. Noi agenti non solo non vogliamo fare gli spettatori, e ci mettiamo la faccia per ricevere pugni e ferite da armi contundenti, rischiando quotidianamente la vita”. “Temiamo fortemente che in questa situazione senza controllo tra rivolte, aggressioni e tentativi di fuga tra il personale penitenziario ci possa scappare il morto. A pesare sul clima già surriscaldato, è l’assenza di provvedimenti con il risultato che il sistema penitenziario italiano è diventato peggiore di quelli di Paesi sudamericani e africani”, conclude il sindacalista.

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