- Le parole di Claudio Barone, segretario generale della Uil Sicilia
- Don Raffaele Grimaldi parteciperà a liturgia
- Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho sarà ad Agrigento
Manca sempre meno al 9 maggio, giorno della beatificazione di Rosario Livatino, il giudice “ragazzino” ucciso dalla Stidda il 21 settembre del 1990 all’età di 38 anni. A due giorni da questo importante evento (Livatino sarà, inoltre, il primo magistrato beato nella storia della Chiesa), il segretario generale della Uil Sicilia, Claudio Barone lo ricorda come simbolo di speranza.
“Un’altra Sicilia è possibile, anzi esiste già. È quella cresciuta grazie al sacrificio di siciliani come Rosario Livatino, che domenica sarà proclamato beato. Dall’alto magistero morale della Chiesa giunge un ulteriore segnale, forte e chiaro. Smentisce i troppi luoghi comuni ai danni di un popolo che ama la vita, come disse Giovanni Paolo II, e incoraggia a spezzare definitivamente la spirale di paura e regresso cui ci ha condannato la mafia”.
Barone ha concluso: “Rosario Livatino è stato assassinato per la sua fede cristiana, per il suo impegno civile, per il suo lavoro. Dal mondo del lavoro, dalla Uil, un pensiero grato alla memoria del giudice-ragazzino e alla dedizione di quanti ogni giorno in silenzio rendono concreta la nostra speranza di un futuro di pace, dignità, prosperità per questa terra”.
De Raho, “Livatino modello per magistrati”
“Andrò ad Agrigento innanzitutto perché Livatino rappresenta un simbolo, un magistrato modello al quale tutti i magistrati, soprattutto in un momento come questo, dovrebbero fare riferimento”. Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero De Raho sulla celebrazione in cui verrà beatificato il giudice Rosario Angelo Livatino alla Basilica Cattedrale di Agrigento.
“Livatino – ha aggiunto De Raho – è un simbolo perché esprime il rigore nell’esercizio della funzione ma al tempo stesso l’umiltà e la comprensione che sono momenti fondamentali nell’esercizio della funzione giurisdizionale. Comprendere la persona e quindi svolgere con rigore il proprio ufficio – ha concluso il procuratore nazionale antimafia – ma al tempo stesso non dimenticare la dignità del soggetto che c’è di fronte”.
Don Raffaele Grimaldi parteciperà a liturgia beatificazione
Domenica, sarà il 9 maggio, tra i presenti ad Agrigento, alla liturgia per la beatificazione di Rosario Livatino ci sarà don Raffaele Grimaldi, ispettore dei cappellani. Ecco le sue parole:
“La Chiesa di fronte alle ingiustizie non può tacere e non può essere imbavagliata né rimanere imprigionata nel silenzio e nella paura. La forza del suo annuncio scaturisce dall’amore di Colui che sulla Croce ha donato la sua vita per l’umanità. Molti uomini di Chiesa, nel contrastare l’opera di illegalità e nel difendere la giustizia, sono stati colpiti dalla violenza, diventando loro stessi coscienza critica per l’intera società”.
Promossa la Peregrinatio Crucis
L’ufficio Ispettorato cappellani di Roma, guidato da don Grimaldi, unitamente ai cappellani delle carceri siciliane, in preparazione all’evento ecclesiale della beatificazione, hanno promosso la “Peregrinatio Crucis” “per consegnare – continua don Grimaldi – un messaggio pastorale di Misericordia ai reclusi che si sono macchiati di sangue seguendo la via della illegalità e delle mafie e per invitarli ad una vera conversione di vita. La beatificazione del magistrato Livatino vuole essere un’occasione per rilanciare il messaggio di speranza alla Chiesa, ai giovani, ai magistrati, alla politica”.
Afferma il capo dei cappellani delle carceri: “La testimonianza del messaggio del servo di Dio Livatino – afferma il capo dei cappellani delle carceri – vuole essere, inoltre, una sollecitudine al mondo della politica e delle istituzioni che guidano le sorti del nostro Paese chiamati a svolgere funzioni per la tutela dei cittadini, spesso minacciati da estorsori senza scrupoli che incutono paura e sottomissione e che, con la minaccia, bloccano la crescita del nostro Paese. In questo tempo di crisi planetaria la testimonianza di Livatino, uomo di giustizia e uomo di fede, è una riflessione che invita a non negoziare compromessi, ma a difendere l’onestà e a promuovere la giustizia in tutti gli ambiti”.
Vescovo Lamezia, testimonianza fede che non è idea
“Picciotti, che cosa vi ho fatto?”. Queste le ultime parole rivolte ai suoi uccisori dal giudice Rosario Livatino, con una cerimonia presieduta dal cardinale Marcello Semeraro prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. L’uomo e il magistrato, l’impegno professionale coniugato con la fede fino al dono supremo della vita, l’attualità della sua testimonianza per il nostro tempo sono i tratti della figura del futuro Beato evidenziati nell’ambito dell’incontro online “Quanto siamo stati credibili”, promosso dall’ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi di Lamezia Terme in collaborazione con l’unione cattolica della stampa italiana (Ucsi) Calabria.
“La beatificazione di Rosario Livatino mette in luce la profonda unità tra la fede e l’impegno quotidiano. Nella misura in cui il cristiano vive un rapporto autentico con Dio, riesce ad impegnarsi in modo concreto e a servire il bene comune nella società – ha detto il vescovo di Lamezia Terme Giuseppe Schillaci in collegamento da Roma – Rosario Livatino è la testimonianza di una fede che non è idea, astrazione, ma che si incarna e diventa credibile. Egli è stato un seme di fraternità. Livatino si è lasciato interpellare dalla realtà e ha risposto servendo lo Stato, la comunità, fino al dono della vita. La sua testimonianza è un ammonimento per tutti noi a sconfiggere il male con il bene mettendosi a servizio del bene in maniera totale e incondizionata. Il suo esempio sia luce per tutti noi, che ne abbiamo particolarmente bisogno in questo momento difficile che stiamo attraversando”.
Per don Valerio Chiovaro, direttore dell’Ucsi Calabria, “Rosario Livatino ha manifestato la sua santità nel vivere il suo essere ‘magis’, vale a dire il suo essere ‘di più’ rispetto agli altri collegato al suo ruolo professionale, nella logica del ‘minus’, del servizio. Ci auguriamo, ispirandoci alla sua figura, di riscoprire la bellezza della serenità di una vita spesa in una testimonianza quotidiana della nostra fede. Il martirio è proprio questo: testimonianza quotidiana della fede da vivere nella ‘normalità’ di ogni giorno, che ci fa essere lievito che fermenta, che ci rende capaci di professare la nostra fede in ogni ambito della nostra vita e professione”.
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