Hanno avuto il via le audizioni presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia in relazione alla strage di Casteldaccia del maggio scorso in cui persero la vita 5 operai di una ditta che svolgeva lavori in subappalto per conto di Amap.
“Le audizioni – spiega la deputata Giovanna Iacono, che coordina nello specifico il lavoro della commissione sul tragico episodio – non vogliono certo costituire un inchiesta bis, ma mettere in luce il sistema di controllo e vigilanza che, evidentemente e tragicamente, a Casteldaccia ha fallito. Dalla documentazione fino ad ora fornita e dalle risposte dei vertici Amap comincia ad emergere, oltre a responsabilità individuali il cui accertamento spetta alla magistratura, una preoccupante sottovalutazione dei rischi e della sicurezza nel sistema dei subappalti con un affidamento, probabilmente eccessivo, ad un sistema di autocontrollo da parte delle ditte appaltatrici e subappaltatrici sulla delicata materia.
Il senso di questo nostro lavoro – conclude Iacono – è indagare sui meccanismi in materia di sicurezza attivi durante i lavori a Casteldaccia. Un dovere che sentiamo verso le famiglie delle vittime di Casteldaccia, dei morti sul lavoro e un contributo per migliorare le norme in fatto di prevenzione e le procedure di sicurezza in situazioni analoghe”.
Quella che il 6 maggio dell’anno scorso doveva essere una banale operazione di manutenzione all’interno dell’impianto fognario di Casteldaccia, si era trasformata in una tragedia senza precedenti con la morte di cinque operai. Vittime di un pericolo invisibile: una bolla di acido solfidrico, che si era sprigionata dai liquami. Un gas letale, dieci volte sopra la soglia consentita, che ha saturato gli spazi, trasformando la vasca di sollevamento delle acque reflue in una trappola mortale.
Durante l’audizione di ieri, alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, l’amministratore unico di Amap, Giovanni Sciortino, ha evidenziato che ci sarebbe stata una grave violazione nel rispetto delle norme di sicurezza da parte del direttore dei lavori dell’azienda, Gaetano Rotolo, indagato per omicidio colposo plurimo aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni assieme a Giovanni Anselmo, amministratore unico di Tek Infrastrutture, e a Nicolò Di Salvo, contitolare della Quadrifoglio, le altre due società coinvolte nell’incidente. “Come Amap – ha detto Sciortino – abbiamo intrapreso azioni disciplinari nei confronti del direttore dei lavori, l’ingegnere Rotolo: sono emerse gravi violazioni sulle norme comportamentali dell’azienda, che riguardano tutte le istruzioni dei lavori e le procedure di sicurezza. Prima di effettuare qualunque intervento di questo tipo andava informato il direttore dei lavori responsabile: abbiamo voluto infliggergli questa grave sanzione disciplinare in termini cautelativi, come atto dovuto, perché dalla sua relazione è emerso che avesse compiuto questa violazione”.
Nel suo intervento a Palazzo San Macuto, il comandante dei vigili del fuoco, Girolamo Bentivoglio Fiandra, ha invece confermato le conclusioni della perizia tecnica redatta dai consulenti della procura di Termini Imerese, Ivo Pavan e Maurizio Onofrio, descrivendo nei dettagli le condizioni in cui i suoi uomini hanno operato per il recupero dei corpi.
“Tre dei lavoratori coinvolti – ha raccontato il comandante – erano appoggiati sul ballatoio del secondo livello sottoterra e altri tre erano immersi nei liquami della vasca: i miei uomini sono entrati con tutti i dispositivi di protezione individuale previsti per quello scenario, compresa la strumentazione che misura la concentrazione di ossigeno o altre sostanze presenti in quell’ambiente. Subito ci è stata segnalata la presenza di idrogeno solforato, in concentrazioni tali da causare il decesso».
Sarebbe stata una lunga catena di errori, omissioni e negligenze a procurare la morte di Epifanio Alsazia, 71 anni; Ignazio Giordano, 59 anni; Roberto Raneri, 51 anni; Giuseppe Miraglia 47 anni, e dell’impiegato interinale dell’Amap, Giuseppe La Barbera di 28 anni. Un sesto lavoratore, Domenico Viola, 62 anni, si è salvato solo per un miracolo e sta ancora affrontando un lungo percorso di riabilitazione. Non avevano scampo perché nessuno di loro indossava i dispositivi di protezione individuali indispensabili per questo tipo di intervento. “Parliamo di dieci volte la concentrazione consentita, è stato questo a causare la morte di cinque operai su sei – ha aggiunto Bentivoglio Fiandra -. Il motivo di una presenza così massiccia è al vaglio della magistratura, ma è chiaro che i liquami presenti là dentro producono quel tipo di gas: se quelle persone avessero avuto in dotazione i materiali protettivi e avessero adottato tutte le precauzioni non saremmo qui a parlare di questo caso”.
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