Alex Cotoia, 22 anni, è stato assolto dalla Corte d’Assise d’Appello di Torino per l’omicidio del padre, avvenuto nel 2020 a Collegno. All’epoca, il giovane intervenne per difendere la madre dall’ennesima aggressione. In primo grado, Alex era stato assolto per legittima difesa, ma successivamente condannato in appello a sei anni e due mesi di reclusione. La Cassazione, annullando la sentenza, aveva disposto un nuovo processo d’appello che ha confermato la sua innocenza.
La dinamica dell’omicidio
La tragedia si consumò durante una lite familiare, in cui il padre di Alex, 50 anni, si scagliò violentemente contro la moglie. Il giovane, secondo quanto emerso dai processi, agì per proteggere la madre. Durante il confronto, Alex colpì il padre con numerose coltellate, ponendo fine all’aggressione. Gli inquirenti ricostruirono l’accaduto evidenziando il contesto di violenza domestica pregressa.
Le parole del legale
L’avvocato Claudio Strata, difensore di Alex, ha espresso grande soddisfazione per la sentenza. “Vedere Alex sorridere è qualcosa di inimmaginabile, mi ha dato una gioia infinita”, ha dichiarato. Il legale ha aggiunto che il giovane non ha mai agito con l’intento di offendere, ma esclusivamente per difendere la madre da un pericolo immediato.
Martina Semenzato, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, deputata di Coraggio Italia e del Gruppo parlamentare di Noi Moderati, ha commentato: “Avvilenti dicotomie nei giudizi in Magistratura. Un passo in avanti con la sentenza della Corte di Assise d’Appello di Torino a favore di Alex Pompa oggi Cotoia, un deciso passo indietro con la sentenza della Corte di Assise di Modena. Un giudizio nel giudizio, dove la soggettività prevale sulla oggettività, lasciando spazio a infelici alibi futuri. Dalla lettura delle motivazioni della sentenza, che ho avuto modo di reperire prima di esprimerne un giudizio, emerge un quadro sconfortante. La Corte di Assise di Modena ha riconosciuto all’imputato le circostanze attenuanti generiche, valutandole equivalenti alle circostanze aggravanti, ‘in ragione della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato’ dove, per ‘motivi’, si intendono ‘le nefaste dinamiche familiari’, che col tempo si erano innescate per motivi di natura patrimoniale, e per ‘fatto reato’ si intende un duplice femminicidio. Si registra, ancora una volta, una dissonanza tra gli interventi legislativi, volti a rafforzare gli strumenti di tutela delle donne, e una giurisprudenza che ‘crea’ principi di diritto che disorientano la collettività”.
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