Le armi in una mano, i jammer per clonare telecomandi ed apertura elettroniche nell’altra. Una organizzazione dedicata al furto di automobili e non soltanto di quelle. Un gruppo altamente organizzato che utilizzava tecnologie avanzate ma era anche dotato di potere intimidatorio e armato. Il tutto con una base operativa in un’area insospettabile all’interno di una stalla.
Le accuse
Estorsione e furto aggravata in concorso fra loro, ricettazione aggravata in concorso, produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, nonché detenzione illegale di armi. Sono i reati contestati all’intero gruppo composto da una ventina di persone che i carabinieri hanno identificato dopo lunghe indagini.
Già dalle prime ore di questa mattina, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, oltre 100 militari del Comando Provinciale Carabinieri di Catania, supportati dai reparti specializzati dell’Arma, stanno eseguendo un’ordinanza applicativa di misura cautelare personale (6 in carcere e 6 all’obbligo di dimora) emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania, su richiesta della locale Procura Distrettuale della Repubblica, nei confronti di 12 individui.
12 provvedimenti cautelari e 8 avvisi di garanzia
Stanno inoltre procedendo ad alcune perquisizioni domiciliari parallelamente alla, notifica di avvisi di garanzia, emessi dalla Procura Distrettuale Della Repubblica Di Catania, nei confronti di
ulteriori 8 indagati in stato di libertà.
L’operazione Villa Glori
Secondo l’impostazione accusatoria accolta dal GIP, l’intero gruppo sarebbe responsabile dei reati contestati in concorso fra loro. L’operazione, denominata “VILLA GLORI”, ha permesso di colpire un gruppo criminale, con disponibilità di armi e con base operativa in una “stalla” situata nel quartiere Picanello di Catania.
Gli strumenti
Il gruppo, utilizzando strumenti altamente tecnologici, avrebbe perpetrato decine di furti di veicoli in tutta la provincia etnea. Successivamente, i gli indagati avrebbero estorto somme di denaro che superavano le migliaia di euro a seconda della marca, del modello e del valore di mercato del mezzo, ai proprietari per la restituzione tramite il cosiddetto metodo del “cavallo di ritorno”. In alternativa, i veicoli venivano venduti per essere smembrati per ricettare i pezzi nel mercato nero.
Dalle indagini è inoltre emerso che 12 indagati sarebbero stati anche coinvolti in un’attività
di traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, principalmente marijuana, hashish
e droghe sintetiche.
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