Un uomo di 52 anni, Concetto Cacciaguerra, residente a Niscemi, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di tentato omicidio, tentata estorsione e danneggiamenti aggravati. I fatti risalgono al 26 settembre 2024, quando Cacciaguerra si recò presso un’azienda agricola nel Ragusano.

La richiesta di denaro e l’aggressione

Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe preteso una somma maggiore per prodotti agricoli precedentemente ceduti. Al rifiuto del titolare, Cacciaguerra avrebbe cosparso di liquido infiammabile un mezzo agricolo, dandogli fuoco. Un operaio intervenuto per fermarlo è stato a sua volta aggredito: Cacciaguerra gli ha versato addosso il liquido infiammabile, provocandogli gravi ustioni.

Le indagini e il processo

Le immagini dell’aggressione, riprese dalle telecamere di videosorveglianza, sono state acquisite dagli agenti del commissariato di Vittoria. Il giudice per le indagini preliminari ha accolto la richiesta di giudizio immediato presentata dalla Procura, fissando la prima udienza per febbraio 2025 presso il Tribunale di Ragusa.

Le conseguenze per la vittima

L’operaio, ricoverato in codice rosso al Centro Grandi Ustioni con ustioni di secondo e terzo grado, è stato dimesso dopo diversi giorni di prognosi riservata. Dovrà tuttavia sottoporsi a diversi interventi di chirurgia ricostruttiva. Cacciaguerra, difeso dall’avvocato Vito Reina del Foro di Catania, si trova in carcere dal giorno successivo all’aggressione. Le parti offese, il titolare dell’azienda e l’operaio, sono assistite dagli avvocati Giuseppe Condorelli, Carmelo Sciara e Gaetano Piscopo del Foro di Gela

Rinviati a giudizio i fratelli Rinella, accusati di essere i mandanti dell’omicidio di Mico Geraci

Il gup di Palermo Lorenzo Chiaramonte ha rinviato a giudizio i fratelli boss Salvatore e Pietro Rinella, accusati di essere i mandanti dell’omicidio del sindacalista della Uil, Mico Geraci avvenuto la sera dell’8 ottobre 1998 a Caccamo. Il processo inizierà in corte d’assise il 23 gennaio prossimo.

L’omicidio

I Rinella, capimafia di Trabia avrebbero ordinato il delitto, per fare un favore a Bernardo Provenzano. Geraci possibile candidato a sindaco del paese, era considerato un pericolo per l’organizzazione mafiosa. Il giudice ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Marzia Sabella e dei sostituti Giovanni Antoci e Bruno Brucoli. Nel processo sono parte civile la Uil con l’assistenza dell’avvocato Ettore Barcellona, il Comune di Caccamo, rappresentato dall’avvocato Fabio Trizzino, il Centro Pio La Torre, difeso dall’avvocato Francesco Cutraro, la Regione, nonché la moglie e i figli della vittima, assistiti dagli avvocati Giuseppe Crescimanno e Armando Sorrentino.

Il delitto

A fare luce sul delitto dopo anni è stato fondamentale il contributo dei pentiti Emanuele Cecala, Andrea Lombardo e Massimiliano Restivo. Il sindacalista venne ucciso sotto casa in piazza Zafferana. Gli esecutori materiali sarebbero stati Filippo Lo Coco e Antonino Canu, che però furono eliminati a loro volta.

Chi era Mico Geraci

Da sindacalista che aspirava a diventare sindaco di Caccamo, Mico Geraci non aveva esitato a mettersi contro Cosa nostra, tanto che, secondo i boss, “era uscito pazzo” e “aveva superato ogni limite”. E proprio per questo, la sera dell’8 ottobre del 1998, era stato assassinato mentre tornava a casa. Mandanti di quel delitto sarebbero i fratelli Pietro e Salvatore Rinella, a capo della cosca di Trabia, arrestati a marzo scorso e per i quali adesso la Procura ha chiuso le indagini e si appresta a chiedere il rinvio a giudizio.

La mafia

Che la matrice dell’omicidio fosse mafiosa è stato sempre chiaro, ma per anni – esattamente 26 – non si era riusciti a chiudere il cerchio. Grazie alle dichiarazioni più recenti di diversi collaboratori di giustizia – Emanuele Cecala, Andrea Lombardo e Massimiliano Restivo – il procuratore aggiunto Marzia Sabella e i sostituti Giovanni Antoci e Bruno Brucoli sono finalmente riusciti a individuare chi quel delitto – che “era una cosa che interessava a Bernardo Provenzano” – lo avrebbe ordinato, cioè i Rinella. Gli esecutori materiali dell’omicidio del sindacalista – sempre secondo i pentiti – sarebbero stati Filippo Lo Coco e Antonino Canu, che però furono eliminati a loro volta.