Considerando l’insieme delle 62 misure provinciali di benessere relative agli 11 domini del Bes dei territori, nelle città metropolitane del Nord e del Centro, la maggioranza degli indicatori evidenzia condizioni di vantaggio rispetto alla media nazionale, mentre nel Meridione prevalgono gli svantaggi, con l’eccezione positiva di Cagliari.
Reggio Calabria la peggiore davanti a Catania e Messina
Tra le città metropolitane del Meridione, la quota più elevata di svantaggi si riscontra a Reggio di Calabria (79,0 per cento), seguita da Catania, Napoli e Messina con percentuali superiori al 70 per cento e Palermo e Bari poco sotto (67,7 e 64,5). Cagliari si distingue positivamente con una quota di vantaggi del 61,3 per cento, superiore a quella di Roma.
Firenze, Milano e Bologna si distinguono con oltre il 75 per cento degli indicatori con valori sopra la media nazionale. Sono soprattutto alcuni indicatori dei domini Innovazione, ricerca e creatività e Qualità dei servizi a raggiungere in queste città metropolitane i valori più alti. Torino, Genova e Venezia mostrano percentuali di vantaggio leggermente inferiori, pari rispettivamente al 72,6 per cento, 67,7 per cento e 59,7 per cento.
Roma che presenta un vantaggio nel 54,8 per cento degli indicatori ma anche forti contrasti, si colloca in una posizione intermedia facendo idealmente da spartiacque tra i profili delle città metropolitane del Centro-nord e del Mezzogiorno. È quanto rileva il nuovo report dell’Istat “Il benessere equo e sostenibile dei territori: le città metropolitane anno 2024” sui profili di benessere delle 14 città metropolitane, basati sugli indicatori del Bes dei Territori (BesT), misure statistiche a livello provinciale che sono coerenti e armonizzate con quelle diffuse nel Rapporto Bes, in alcuni casi ampliate per tenere conto di ulteriori aspetti utili per le politiche territoriali.
L’analisi
L’analisi degli indicatori Best permette di confrontare le 14 città metropolitane – dove vive il 36,2% della popolazione – evidenziando i divari rispetto all’Italia, i punti di forza e di debolezza, le evoluzioni recenti. Inoltre, tre focus tematici approfondiscono il quadro del benessere nei domini Istruzione e formazione, Benessere economico e Ambiente con nuove misurazioni sulla disponibilità di risorse educative e sugli esiti scolastici, sulle condizioni economiche degli individui, sull’esposizione della popolazione nelle isole di calore urbane. Altri contributi esplorano le disuguaglianze interne alle aree vaste metropolitane, analizzando alcune misure di benessere sui 14 capoluoghi e sul restante territorio.
Dal confronto tra gli 11 domini del Benessere, il quadro più critico, per il complesso delle 14 città metropolitane, emerge nel dominio “Ambiente”, dove circa due terzi degli indicatori si attestano su livelli di benessere inferiori alla media nazionale. Al contrario, i maggiori punti di forza si concentrano nel dominio “Qualità dei servizi”, con due terzi degli indicatori con valori superiori alla media italiana. Il dominio “Istruzione e formazione” evidenzia i contrasti più marcati, presentando una distribuzione equilibrata tra posizioni di vantaggio (poco più della metà degli indicatori) e situazioni di svantaggio (poco meno della metà).
I divari nelle risorse disponibili
L’analisi della distribuzione del reddito disponibile equivalente (basata sul sistema integrato dei Registri) segnala una maggiore disuguaglianza tra gli individui nelle città metropolitane del Centro-nord a fronte di valori medi più elevati: Milano è la città metropolitana con la media più alta in Italia (26mila euro nel 2021). È chiaro il dualismo Nord-Mezzogiorno: in quest’ultima ripartizione il reddito medio più alto è nella città metropolitana di Cagliari (19mila euro nel 2021). Anche i primi risultati di misurazione multidimensionale della carenza di risorse educative e di difficoltà negli esiti scolastici, rilevano nell’ultimo anno disponibile criticità in tutte le città metropolitane del Mezzogiorno, con l’eccezione positiva di Bari. Milano, invece, mostra una maggiore carenza di risorse educative rispetto alle altre città metropolitane del Centro-nord, da cui si distacca.
Le disuguaglianze di salute nelle aree vaste metropolitane
La pandemia da Covid-19 ha determinato un forte aumento dei tassi di mortalità evitabile (20-74 anni) con una profonda disomogeneità territoriale. Sono marcate le differenze tra Nord e Mezzogiorno e tra capoluoghi di città metropolitana e comuni del restante territorio. Nel 2019, 2020 e 2021 Napoli ha avuto sempre i tassi di mortalità evitabile più alti degli altri capoluoghi metropolitani e Firenze sempre i più
bassi. Nel 2021 l’indicatore rileva uno svantaggio di 14 punti per Napoli (29,3 decessi per 10mila abitanti) rispetto a Firenze (14,9 per 10mila). L’analisi dei tassi standardizzati di mortalità per demenze e malattie del sistema nervoso (65+) per il 2019, 2020 e 2021 evidenzia un vantaggio dei comuni capoluogo rispetto agli altri comuni della città metropolitana. Nel 2021 le disuguaglianze più marcate si osservano a Firenze con un eccesso di mortalità del 28 per cento nell’hinterland (32,4 per 10mila) rispetto al capoluogo (25,4 per 10mila). Firenze è il capoluogo di città metropolitana con il tasso di mortalità per demenze più basso, Cagliari, quello con il tasso più elevato (43,0 per 10mila).
Cisl: “Serve una strategia”
“Il report BesT 2024 di Istat mette in luce diverse criticità nei principali indicatori di benessere equo e sostenibile per le città metropolitane siciliane, tali da essere un ostacolo al miglioramento delle condizioni di vita, alla crescita dei territori e in generale allo sviluppo complessivo dell’isola. Bisogna ripartire con un approccio integrato che metta insieme economia, ambiente, salute, infrastrutture e capitale umano”. Così il segretario generale della Cisl Sicilia, Leonardo La Piana, commenta i risultati statistici del rapporto BesT 2024, presentato oggi dall’Istat, che analizza vari aspetti di qualità della vita come salute, istruzione, lavoro, ambiente e coesione sociale.”
Dai dati – sottolinea La Piana – emerge un contesto sociale ed economico che evidenzia un divario forte con altre aree del Paese. Un gap che riguarda tutte le città della Sicilia, accomunate da condizioni di complessità e disagi”. Tra le città del Meridione, come si legge nel report, Catania e Messina presentano una quota di svantaggi con percentuali superiori al 70%, mentre Palermo è poco al di sotto con il 67,7%. La disuguaglianza si registra anche nella distribuzione del reddito sostenibile, nella carenza di risorse educative, nella salute, nei livelli di istruzione e formazione e nel segmento del lavoro. “Le città metropolitane siciliane, come Palermo, Catania e Messina – afferma il segretario generale della Cisl Sicilia – registrano tassi di occupazione e reddito medio, inferiori rispetto ad altre regioni italiane, segnalando una diffusa difficoltà economica. L’ambiente urbano soffre di problemi legati alla gestione dei rifiuti e alla scarsa disponibilità di spazi verdi. Il tasso di raccolta differenziata è tra i più bassi d’Italia, con Palermo e altre città metropolitane ben al di sotto della media nazionale; le aree verdi per abitante sono insufficienti, specialmente nelle zone urbane densamente popolate.
Le città metropolitane siciliane mostrano inoltre basse percentuali di diplomati e laureati rispetto al resto del paese. Questa situazione è aggravata dall’elevata migrazione di giovani laureati verso il nord Italia o l’estero, impoverendo il territorio di capitale umano qualificato e riducendo le opportunità di sviluppo economico e innovativo. L’accesso ai servizi sanitari in Sicilia è limitato rispetto a quello di altre regioni italiane, con lunghe liste di attesa e minore disponibilità di strutture mediche adeguate, specialmente nelle aree metropolitane densamente popolate. È evidente che c’è un tema che riguarda la qualità della vita, in un ampio quadro di disparità su cui occorre intervenire, per raggiungere un’equità sostenibile”. Per il segretario generale della Cisl Sicilia, servono azioni mirate per affrontare sfide economiche, ambientali e sociali nelle città metropolitane siciliane. “È chiaro che un ruolo importante lo svolgono i fondi Ue e del Pnrr che vanno utilizzati per interventi efficaci in ogni ambito– aggiunge La Piana – ma il vero punto di partenza è l’elaborazione di una strategia sinergica che coinvolga le parti sociali e datoriali con le istituzioni locali e il governo regionale. Solo così si possono porre le condizioni per costruire un futuro più equo e sostenibile, in linea con gli obiettivi nazionali ed europei”.
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