DI fronte a una transizione ecologica oltre che inevitabile necessaria, è grave che il governo non cerchi di indurre i grandi player, da Eni a Leonardo, per citarne due, a investire nel Mezzogiorno su nuove filiere, ad esempio l’idrogeno. Ci troviamo ad avere un apparato produttivo superato dai fatti, obsoleto, e di questo bisogna prendere atto, cercando di proiettarsi nel futuro senza lasciare indietro nessuno”. Lo ha detto il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, invervenendo alla tavola rotonda nell’ambito della conferenza finale del progetto “Social green deal”, finanziato dall’Ue, che ha coinvolto 5 paesi – Italia, Spagna, Croazia, Belgio e Bulgaria- con l’apporto di sindacati ed enti ricerca, con la Cgil Sicilia capofila.

Le somme di due anni di ricerca e attività formativa “sul ruolo e le prospettive per le relazioni industriali e il dialogo sociale della transizione ecologica di sistemi economici locali”, sono state tirate oggi nell’ambito di un evento che si è svolto a Palermo, con la partecipazione dei soggetti che hanno fatto parte dell’iniziativa e le conclusioni del segretario confederale nazionale Cgil, Pino Gesmundo.

Le parole di Gesmundo

“Nel nostro continente, diversamente da quanto accade in America e in Asia- ha detto Gesmundo- manca oggi una visione di sistema che consenta di guardare con ottimismo alla transizione. I vari Paesi rischiano di non centrare i target. Ci vuole allora una strategia di sistema dell’Europa con politiche industriali comuni- ha sottolineato- e risorse comuni, per investimenti pari almeno a 500 miliardi di euro ”. Per Gesmundo “si potrebbe realizzare un fondo sovrano europeo che aiuti a spostare l’ingente ricchezza privata presente nel continente dalla finanza all’economia reale. In questo contesto- ha rilevato- occorre pianificare gli interventi strutturali e fare assumere alle parti sociali un ruolo attivo e preventivo nell’accompagnare la transizione”. Le transizioni, ha sottolineato l’esponente della Cgil, “possono rappresentare, offrendo prospettive di cambiamento, un’opportunità per il Mezzogiorno e la Sicilia, che rischiano la desertificazione produttiva”. In ogni caso “vanno studiate misure- ha detto- adatte ad accompagnare i percorsi””.

La transizione governata

“Una transizione ben governata, attenta agli aspetti di equità sociale- ha detto Stefania Radici, coordinatrice del progetto- può rigenerare l’economia di un territorio, rinnovando l’apparato industriale e produttivo e favorendo nuove opportunità di lavoro, con ricadute positive sugli indicatori di benessere sociale e sulle dinamiche demografiche. Al contrario- ha rilevato- se mal governata può acuire i divari sociali, di genere, generazionali e le disuguaglianze. E in questo ambito i sindacati possono esercitare un ruolo importante”.

La nuova frontiera

La Cgil, insieme ai sindacati di altri 4 paesi europei, si attrezza allora per questa nuova frontiera, che guarda al futuro, “affinchè la transizione ecologica sia socialmente sostenibile”. Un messaggio che ha ancora più significato perché viene da una delle regioni dell’obiettivo convergenza, in cui il Pil pro capite è inferiore al 75% della media comunitaria”.
A conclusione del progetto, che ha coinvolto oltre ai sindacati anche enti di ricerca dei vari Paesi – per i casi della Sicilia l’analisi è stata condotta dalla Fondazione Di Vittorio – è stato prodotto un documento di raccomandazioni, ( illustrato da Simona Fabiani, della Cgil nazionale) indirizzate alle istituzioni dell’Unione europea e ai governi, per il raggiungimento degli obiettivi posti sul clima e la riduzione delle emissioni, per accelerare la giusta transizione e rafforzare il ruolo della contrattazione e delle relazioni industriali “nella gestione dei processi di transizione ecologica, con l’obiettivo anche di superare i divari territoriali e creare opportunità di sviluppo e occupazionali per le aree vulnerabili”. Il leit motiv delle “raccomandazioni” si può riassumere nella parola “partecipazione.”

Nel documento si parla di percorsi di governance partecipata e di contrattazione per la costruzione, attuazione e monitoraggio e valutazione di piani strategici per il clima e l’energia con il coinvolgimento delle parti sociali, della società civile organizzata, di enti locali e comunità. Della revisione dei piani industriali e degli investimenti delle grandi partecipate statali del settore energetico per accelerare la transizione. Della necessità di investimenti si ricerca e formazione, di intensificazione dell’informazione. Obiettivo di fondo evitare, anche con misure compensative, impatti sociali e occupazionali negativi ed “essere pronti per il cambiamento nel mercato del lavoro, rivendicando la piena e buona occupazione, i diritti e le tutele sul lavoro, l’eliminazione dei divari occupazionali”.