Nove fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, scarcerati il 14 ottobre per scadenza dei termini di custodia cautelare, sono stati raggiunti da un provvedimento di divieto di dimora in Sicilia. La decisione della Corte d’Appello di Palermo arriva nonostante le condanne inflitte agli imputati. I Carabinieri di Trapani hanno notificato il provvedimento ai nove individui, imponendo loro anche il divieto di espatrio, l’obbligo di dimora notturna dalle 20:00 alle 8:00 e la firma giornaliera in caserma.

La decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha accolto la richiesta del procuratore generale Lia Sava e del sostituto Carlo Marzella, applicando il divieto di dimora per nove dei dieci imputati. Il provvedimento si basa sulla valutazione della persistente pericolosità sociale degli individui e sulla mancanza di elementi che dimostrino un distacco dalla compagine criminale di appartenenza. Il collegio, presieduto da Sergio Gulotta, ha sottolineato nel provvedimento l’assenza di segnali che indichino una presa di distanza dall’organizzazione mafiosa o una cessazione dei rapporti con essa.

Il ridimensionamento delle pene e la scarcerazione

La scarcerazione dei nove fiancheggiatori è avvenuta a seguito di una decisione della Corte di Cassazione, che aveva annullato alcune aggravanti nelle condanne. I giudici di Appello, pronunciandosi sull’annullamento, hanno ridimensionato i termini di custodia cautelare da 9 a 6 anni, portando alla liberazione degli imputati. Nonostante la riduzione della pena, la Procura ha richiesto e ottenuto il divieto di dimora per impedire il ritorno degli imputati in Sicilia e il possibile riallaccio dei rapporti con l’ambiente criminale.

I nomi dei destinatari del provvedimento

Il divieto di dimora e il contestuale divieto di espatrio sono stati disposti per Nicola Accardo, Giuseppe Tilotta, Paolo Bongiorno, Calogero Guarino, Vincenzo La Cascia, Raffaele Urso, Andrea Valenti, Filippo Dell’Acqua e Antonino Triolo. Fa eccezione Angelo Greco, l’unico dei dieci imputati ad aver interamente scontato la pena e per il quale, quindi, non sono state applicate ulteriori misure restrittive. La decisione della Corte d’Appello mira a limitare la possibilità di contatti tra i fiancheggiatori di Messina Denaro e l’organizzazione mafiosa, garantendo al contempo il rispetto delle decisioni della Cassazione in merito alla riduzione delle pene.

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