I giudici del Cga hanno accolto il ricorso di un uomo di 41 anni di Belmonte Mezzagno (Palermo) che si era visto negare la licenza di porto di fucile e quindi la detenzione di armi e munizioni dopo un rapporto dei carabinieri del 2016 perché aveva dei parenti pregiudicati per mafia.

Ricorso al TAR e al CGA contro il provvedimento della Prefettura

Contro il provvedimento della prefettura di Palermo, assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, ha presentato ricorso prima al Tar e poi in appello al Cga.

Illegittimità del divieto basato sulla sola parentela

Secondo i legali il divieto è illegittimo perché adottato esclusivamente per il solo vincolo di parentela con persone condannate per mafia con le quali l’uomo non ha alcuna convivenza o diretta frequentazione.

La decisione del CGA: la parentela non implica automaticamente capacità di abuso

I giudici del Cga condividendo le argomentazioni difensive hanno osservato che: “la sussistenza di un mero rapporto di parentela o d’affinità con un soggetto pregiudicato, ma non convivente, non è, di per sé e in assenza di ulteriori elementi, indice di una capacità di abuso delle armi, dovendo l’amministrazione valutare e rapportare l’incidenza di tali circostanze sul giudizio di affidabilità in relazione alla detenzione delle armi”.

Annullato il provvedimento prefettizio, l’uomo può detenere armi

Da qui l’annullamento del provvedimento prefettizio e il diritto dell’uomo di Belmonte a continuare a detenere le armi e le munizioni.