Ha parlato di Palermo come una città senza occhi, indolente e feroce la procuratrice Laura Vaccaro ieri nel corso della requisitoria che si è tenuta a porte chiuse nel processo sullo stupro di gruppo al Foro Italico a Palermo avvenuto nel luglio dello scorso anno che vede imputati sei giovani. Uno minorenne è stato condannato in primo grado.

La procura ha chiesto pene da 12 a 10 anni e 8 mesi per i sei giovani. “Nessuna delle persone presenti nei luoghi della movida palermitana, la notte del 7 luglio 2023, si è fatta avanti”, ha detto la procuratrice che ha messo in luce il degrado umano, la sconcertante pochezza umana e culturale, gli stereotipi e i pregiudizi che hanno caratterizzato e reso particolarmente drammatica la vicenda oggetto del processo.

L’aggiunto ha fatto riferimento al repertorio della vittima perfetta, che per essere tale deve corrispondere al mito dello stupro. Ha ribadito che la colpa non è mai della vittima, ma degli stupratori, ha parlato non di gruppo, ma di un branco che ha agito senza umanità, e di battuta di caccia.

E’ stato puntato il dito nel corso della requisitoria dei forti elementi di vittimizzazione secondaria che hanno provocato ulteriori sofferenze alla persona offesa e ha posto l’accento sull’uso delle parole, che non hanno solo un significato, ma anche un significante, ricordando tutte le occasioni nelle quali la persona offesa viene chiamata solo con il nome, privandola del suo cognome. La procuratrice ha terminato la fase introduttiva della requisitoria con le parole di Tina Lagostena Bassi: “Noi chiediamo giustizia”.

Nel corso della requisitoria il sostituto procuratore Mario Calabrese, che ha proceduto alla ricostruzione cronologica dei fatti e ad una disamina dei video realizzati da due degli imputati e degli altri dati documentali, in particolare delle immagini delle telecamere che hanno ripreso tutta la sequenza dei fatti occorsi la notte del 7 luglio 2023, tranne i momenti della violenza all’interno del cantiere abbandonato presso il Foro Italico.

La sostituta procuratrice Monica Guzzardi, che ha condotto un’analitica disamina delle chat e delle altre emergenze probatorie, soffermandosi anche sull’attendibilità della persona offesa e sulla qualificazione giuridica del fatto

A seguire hanno concluso il difensore della persona offesa e i difensori delle Associazioni costituite ammesse nel processo: l’associazione Millecolori, Dire, Le Onde e Biblioteca delle Donne, Insieme a Marianna Aps, Associazione contro tutte le violenze, La Casa di Venere e il Comune.