Con sentenza n. 1867 del 06/05/2024, che allego, depositata lo scorso 20 maggio, il TAR Sicilia, sez. Catania ha rigettato il ricorso promosso da un ente ecclesiastico avente ad oggetto l’annullamento dell’ordine di demolizione emanato da un Ente locale della provincia di Catania, relativo a lavori di riqualificazione di area di proprietà dell’ente ecclesiastico, con realizzazione di campi da padel e padball e diversa distribuzione degli spazi interni.

In particolare, a sostegno del proprio ricorso, il ricorrente sosteneva che i prefati lavori fossero da inquadrare quali lavori di riqualificazione dell’area destinata a campi di padel e di manutenzione straordinaria rientranti nell’attività c.d. di edilizia libera (come definite dalla lett. b del comma 1 dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, richiamato dalla lettera a del comma 1 dell’art. 4 della legge regionale n. 16/2016, che disciplina gli interventi edilizi consentiti nelle zone bianche), senza creazione di volumi o superfici e senza una significativa trasformazione urbanistica del territorio implicante incremento del carico urbanistico, per le quali risultava sufficiente e idonea la comunicazione di inizio lavori asseverata che era stata trasmessa.

Inoltre, sempre secondo la difesa dell’ente, detti interventi andavano inquadrati ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett v e z della legge regionale n. 16/2016, trattandosi di opere di ripavimentazione e di rifinitura di spazi esterni, all’interno di un complesso sportivo all’aperto già esistente, con una propria autonomia e senza movimenti di terra e lavori di spianamento dell’area, e, comunque, di lavori eseguiti su area ludica (impianto sportivo preesistente) da soggetto senza fini di lucro e senza destinazione delle opere a fini commerciali.

Inoltre, sempre secondo la tesi della ricorrente, l’intervento poteva anche farsi rientrare fra quelli di cui ai commi 4, 4-bis e 4-ter dell’art. 4 della l.r. n. 16/2016, come modificata dall’art. 5 della legge regionale n. 23/2021, che, in caso di vincoli scaduti da più di tre anni, consentono gli interventi volti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi (previsti dalla lett. f dell’art. 3 D.P.R. n. 380/2021) nonché gli interventi di iniziativa privata volti alla pubblica fruizione e le destinazioni delle aree per finalità sportive (art. 4, commi 4- bis e 4-ter, legge regionale n. 16/2016).

Si costituiva l’Ente locale, difeso dall’avv. Luigi Randazzo dello Studio Gierrelex, sostenendo la legittimità del procedimento per la messa in pristino dello stato dell’immobile e del successivo provvedimento demolitorio, ritenendo che l’intervento necessitasse di permesso a costruire e che non fosse conforme allo strumento urbanistico vigente, dovendosi considerare l’area interessata dalle opere quale “zona bianca” (con possibilità di realizzare solo interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili esistenti).

In particolare, l’avv. Randazzo ha sostenuto che: contrariamente a quanto dichiarato nella comunicazione di inizio lavori asseverata, le opere non ricadevano in area destinata a “Tessuti urbani di margine – verde pubblico attrezzato”, bensì in “sede viaria e verde pubblico”, i cui vincoli quinquennali preordinati all’esproprio erano decaduti; per la realizzazione delle strutture che costituiscono e perimetrano i campi di padel sarebbe stato necessario il deposito dei calcoli strutturali al Genio Civile e la presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività; la realizzazione dell’impianto sportivo in questione, infine, ha determinato una trasformazione urbanistica dell’area.

Il TAR di Catania, in totale accoglimento delle eccezioni opposte dalla difesa dell’Ente locale, dopo aver accertato che l’area su cui l’intervento era stato eseguito, difformemente a quanto dichiarato, rientrava a zona soggetto a vincolo espropriativo decaduto, ha ribadito che sono consentite nelle cd. zone bianche i soli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria come definiti dall’art. 3, comma 1, lett. a e b, D.P.R. n. 380/2001.

Nel caso di specie, la realizzazione di campi di padel e padball, in aggiunta al preesistente campo di calcio in terra, mediante creazione di altrettanti basamenti in calcestruzzo al di sopra di un’area in precedenza destinata a verde, in grado di incidere in modo definitivo anche sulla permeabilità del suolo, non può ritenersi quale intervento meramente conservativo, volto semplicemente a rinnovare o sostituire elementi preesistenti, ma integra un’opera autonoma, che modifica stabilmente il territorio inedificato, trasformandolo dal punto di vista edilizio in un organismo del tutto nuovo.

La giurisprudenza ha infatti già avuto modo di chiarire che la realizzazione di un campo da padel, come la conversione di un campo da calcio o da tennis, per esempio, in un campo da padel, costituisce “nuova costruzione” che dà luogo, per le caratteristiche proprie di realizzazione dell’opera, ad una trasformazione significativa e permanente del territorio, la quale necessita del permesso di costruire.

Parimenti, l’intervento eseguito non può ricondursi alla categoria, rientrante nell’ambito dell’attività edilizia libera, delle “aree ludiche senza fini di lucro” o degli “elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici”, essendo i campi in questione parte di un impianto sportivo attrezzato, aperto al pubblico, non meramente ludico, quindi, e che non può certamente qualificarsi di “arredo” di area pertinenziale.

Infine, con l’occasione il Tribunale Amministrativo regionale ha avuto modo di chiarire che, nel procedimento di repressione degli abusi edilizi, vengono in rilievo atti vincolati che non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di un affidamento tutelabile del privato alla conservazione di una situazione di fatto abusiva.

Il carattere vincolato dei provvedimenti sanzionatori in materia di abusi edilizi rende, inoltre, superflua la comunicazione di avvio del procedimento, dal momento che, salvo ipotesi del tutto residuali, non è possibile alcun utile apporto partecipativo dell’interessato.

Il TAR SICILIA, sezione di Catania, ha, quindi, rigettato il ricorso.

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