Un esempio di buona sanità al reparto di geriatria di Noto. A testimoniarlo è la storia di Giuseppa, che a causa di un malore improvviso di alcuni giorni fa, è stata assistita prima dal personale medico del pronto soccorso di Avola e successivamente dal nosocomio Trigona di Noto. La donna, 90 enne, al termine delle cure, ha definito l’intera equipe medica come “Una famiglia”.

L’episodio

Mentre i titoli di giornali riportano spesso storie di malasanità in Sicilia, a Noto, nel reparto di geriatria dell’ospedale, si respira un’aria diversa. Qui, la storia di Giuseppa, 90 anni, dimostra che la buona sanità è possibile anche in un contesto difficile.

Sabato mattina, Giuseppa, è stata colta da un malore. I figli, preoccupati, hanno chiamato i sanitari del 118. La tempestività dell’intervento del personale medico e l’efficienza del pronto soccorso di Avola, hanno permesso di sottoporre Giuseppa a esami diagnostici e tac, rivelando un possibile caso di ischemia. Immediatamente, è stata trasferita al reparto di geriatria di Noto.

Giunta a Noto, Giuseppa è stata accolta con la stessa professionalità. Le cure del caso sono state somministrate in tempi brevi, solo poche ore dopo il malore. Ma non è stato solo l’aspetto medico a rendere particolare l’esperienza: Giuseppa ha ricevuto attenzione, cura e una solidarietà che ha trasformato il reparto in una “famiglia, come da lei stessa definita.

Medici, infermieri e aiutanti del reparto, si sono succeduti nei turni, dedicando a Giuseppa non solo le cure necessarie ma anche affetto e attenzione costante. Un’ulteriore tac di controllo è stata disposta per monitorare il suo stato di salute. Al termine dell’ iter, Giuseppa, dimessa in una condizione ottimale, ha lasciato il reparto con il sorriso e raccontando la sua esperienza ha detto: “Qui sono stata curata da una famiglia”.

Buoni esiti per le prestazioni sanitarie in Sicilia ma tanti si curano fuori con un buco da 330 milioni

Resta ancora alta la mobilità in uscita dei pazienti siciliani che scelgono di curarsi al di là dello Stretto. Una “fuga” verso altri nosocomi che crea un “buco” nelle casse della sanità siciliana di oltre 330 milioni di euro. Questo, in sintesi, il risultato della giornata di studi realizzata oggi all’Nh Hotel di Palermo nell’ambito dell’evento “Curarsi in Sicilia”, organizzato da InSanitas e dall‘assessorato della Salute della Regione siciliana, la collaborazione con Innogea, Collage Spa e l’ordine dei giornalisti di Sicilia. I dati non mentono. Sono ancora tantissimi i siciliani che scelgono di farsi curare fuori dall’Isola. E non stiamo parlando di trattamenti complessi.

Requirez, “In Sicilia esistono eccellenze ma non sono conosciute”

Ma la maggior parte di questi Drg è composta da casi di bassa e media complessità. “Stiamo affrontando un problema spinoso – dice Salvatore Requirez, dirigente generale del Dasoe che ha aperto il convegno – Nella nostra regione esistono delle vere e proprie eccellenze nel campo della sanità, la cui conoscenza però sfugge a troppi”. La Sicilia, secondo i dati, è la terza regione italiana dopo Campania e Calabria per Drg di fuga: “Bisogna frenare la mobilità in uscita dei ricoveri – dice Requirez – Si tratta nella maggior parte dei casi di prestazioni che possono essere facilmente ed efficacemente erogate nella nostra Isola. Allora cos’è che non funziona? Prima di tutto una giusta comunicazione. Anche da parte dei medici”.

Vittorio Scaffidi, presidente onorario di Innogea ha sciorinato i numeri. A partire dal dato sui ricoveri. Il confronto è stato fatto sul 2020 e sul 2022. “Non abbiamo ancora dati disponibili per il 2023 e quindi questi numeri vanno presi un po’ con le molle – ha detto Scaffidi – Sappiamo tutti cos’è successo in Italia nel 2020”.

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